La creatività ha un qualche legame con l’etica professionale? Una influenza l’altra?
Sul serio per fare marketing etico devo sviluppare anche la creatività?
Beh, in linea di massima…sì. Ma vediamo tutto un po’ più nel dettaglio.
La parola “creatività, entrata nel lessico italiano solo negli anni 50 del 900, ci rimanda spesso all’arte. Dipinti, musica, ballo, teatro, tutte forme di espressione per cui la creatività viene in qualche modo legata alla capacità di esprimere se stessi.
Ma la creatività è molto più di questo e ha anche molto a che fare con ciò che puoi dare agli altri.
In generale, una cosa che tendiamo a fare spesso in ambito lavorativo è definire (più o meno inconsapevolmente) cosa è lavorativo e cosa non lo è.
Ad esempio, allo stesso modo in cui teniamo fuori la nostra vita privata perché è qualcosa che col lavoro non c’entra niente, facciamo differenza anche tra il lavoro e la promozione del nostro lavoro; tra la comunicazione e la creatività, così come tra la musica o gli sport (a meno che non sia proprio quello l’ambito in cui ci si focalizza).
Come se fossero parti che possono prescindere l’una dall’altra.
Ma non è così, perché noi siamo un tutt’uno e ogni azione, dalla più creativa alla più razionale comunica qualcosa di noi. Ed è proprio nella nostra storia e nella nostra esperienza che possiamo fare la differenza.
Cominciamo?
Cos’è la creatività
Ok, va bene i risultati, l’efficacia del lavoro, la comunicazione e tutte quelle robe tecniche lì, ma l’etica?
Cosa cacchio c’entra l’etica con la creatività?
Beh, c’entra e anche tanto.
…ci arrivo. Prometto. Ma prima facciamo un passo indietro e partiamo dalla definizione della creatività. Parto da quella che piace di più a wikipedia, e anche a me, del matematico Henri Poincaré:
“Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”
Unire elementi esistenti, cioè tutto ciò che sappiamo fare ad oggi, con connessioni nuove.
Le idee vengono nel momento in cui a delle competenze consolidate, ci uniamo nuove informazioni.
Sono proprio le esperienze che facciamo a fornirci queste nuove informazioni ed è proprio questo che ci rende diversi gli uni dagli altri.
Ad esempio:
- Ci sono tantissimi informatici nel mondo.
- Ci sono tanti informatici marketers.
- Ci sono un po’ di informatici marketers pianisti.
- Ci sono un po’ meno informatici pianisti che fanno marketing per psicologi, grafici che si allenano e fanno altre cose.
Questo rende me: me. Ed è per questo che le mie idee saranno diverse da quelle degli altri: per il modo in cui io metto insieme tutto questo.
Ora tocca a te: psicologa/o.
Come le altre migliaia di colleghe.
Certo, l’approccio diverso aiuta, ma non è solo quello che ti farà venire le idee. E’ tutto il resto che hai imparato nella vita, che costruirà il modo unico in cui i tuoi neuroni comunicano tra loro.
E questo non è replicabile, ed è proprio ciò che può far venire solo a te, una certa idea, che poi potrà essere utile ad altre persone.
Anche a chi la copierà, certo.
Ed è qui che iniziamo ad addentrarci nel discorso dell’etica professionale.
Perché è vero, sì, un’idea può essere copiata. Ma il processo che porta a quell’idea, quello no. Ed è quella la parte più importante di tutta la giostra.
Un processo unico
Perché una singola idea da sola non fa nulla. Va contestualizzata e applicata nell’esatto modo in cui l’hai pensata tu.
Per esempio, supponiamo che, ispirandoti a qualcun altro, collega o no non ha importanza, inizi a raccontare delle storie per promuoverti perché vedi che l’altra persona ha molto successo.
Il modo in cui verrà raccontata questa storia dipenderà dalle idee che ti vengono, o non ti vengono. E queste idee dipendono, come abbiamo visto, anche dall’esperienza che hai, o non hai.
E qui, a proposito di storie e creatività arriviamo ad un altro punto importante. Infatti non è creando una storia scontata che si attira l’interesse delle persone, ma creando qualcosa che le persone non si aspettano; nel creare qualcosa di nuovo, di diverso.
Quante volte ti è capitato di vedere un film o una serie tv e non riuscire a staccare gli occhi dallo schermo? In tutti quei momenti in cui sei praticamente assuefatta, la tua mente continua a porsi incessantemente una domanda:
“Cosa succederà ora?”
Quando la risposta diventa scontata perdiamo interesse, mentre quando la risposta è inaspettata…ecco che ne vogliamo ancora. Perché la sorpresa che ne deriva genera emozioni, e noi, prima di tutto, viviamo di emozioni.
Vale sempre la pena citare Antonio Damasio, che nell’errore di Cartesio ha spiegato piuttosto bene che noi agiamo su spinta emotiva per poi giustificarci razionalmente.
Nulla di più vero, anche perché se così non fosse questa cosa non avrebbe avuto tanto successo nel marketing…
Tuttavia per attirare l’attenzione possono bastare poche cose, pochi dettagli. Non è necessario inventarsi sempre un thriller per fare l’effetto sorpresa…anche se forse aiuterebbe, se fatto bene.
Tornando alla definizione del nostro amico Poincaré, unire elementi esistenti con connessioni nuove è proprio quello che ha fatto, ad esempio, Bruce Lee quando ha preso dei passi del Chachacha per usarli nelle arti marziali.
Tutto quello che faccio non me lo sono inventato.
Ho preso tutto quello che fino ad’oggi ho imparato da altre persone e l’ho rimescolato in un modo che rappresenti me e la mia visione.
Usare la creatività per comunicare emozioni
Se sappiamo scrivere bene ma non siamo molto bravi a comunicare le nostre emozioni, possiamo fare un’animazione.
Se siamo bravi a dipingere possiamo avere dei quadri in lavorazione sullo sfondo mentre facciamo video; se siamo dei ricercatori usiamo la ricerca scientifica per avvalorare le nostre tesi tenendo in considerazione che molti non sanno come funzioni la ricerca scientifica e quindi, perché no, spieghiamoglielo.
Possiamo fare musicoterapia facendo musica, e se siamo anche solo capaci di suonare il flauto possiamo prendere ciò che sappiamo e inserirlo in vari modi nei nostri contenuti, come ad esempio delle metafore, dei paragoni, oppure sfruttando la nostra capacità di saper abbinare o comporre un brano ad hoc per aumentare la tensione.
Non siamo in un terreno di gioco dove ci sono regole fisse. Le regole sono limitate dalla nostra creatività.
Lo scopo di chi fa un mestiere come il mio o come il vostro dovrebbe essere sempre e solo uno:
Trovare il modo migliore per diffondere il proprio sapere, per far sì che questo possa tornare utile ad altre persone che ne hanno bisogno.
Essendo noi persone che vivono principalmente di emozioni, fare dei contenuti basati puramente, appunto, sul contenuto, non è una buona idea perché si ignora tutto l’aspetto emotivo delle persone.
Dall’altra parte dello schermo non ci sono dei bot che possono apprezzare le cose che dico, ma delle persone il cui stato emotivo è fondamentale.
Sono certo che se vado avanti così altri due minuti stoppi il video e vai vedere i gattini.
La capacità di trovare soluzioni
Oltre che alla capacità di esprimere noi stessi, la creatività è anche strettamente collegata con la nostra capacità di trovare soluzioni.
Ad esempio col covid molti psicologi che prima non facevano consulenze on-line hanno iniziato a farle. Alcuni con migliori risultati, altri con peggiori risultati.
Questo può dipendere dal nostro modo di comunicare che, per quanto riguarda gli psicologi, spesso è settato sulla parlata da consulenza. Con una voce bassa, calma, anche un po’ lenta; orientata all’ascolto.
Questa può essere molto utile in un’incontro di persona, ma perde qualche punto on-line perché già manca quella parte di esperienza data dall’essere lì; perde ancora di più in una comunicazione sul web orientata a tutti, dove le persone hanno un coinvolgimento emotivo molto più basso, e quindi fanno molto presto a scegliere di guardare qualcos’altro.
Tutto ciò rappresenta un problema per cui ognuno può potenzialmente trovare una soluzione diversa. Soluzione che potrebbe portare ad altri problemi più piccoli da risolvere e così via.
In alternativa si può decidere di continuare così, essere convinti di non essere capaci e lamentarsi anche un po’; oppure ci si può appellare al proprio spirito di adattamento.
“Ok, questa modalità qui non funziona; cosa posso provare? Cosa ho bisogno di imparare?”
Ed ecco che torniamo alla capacità di trovare soluzioni. Creatività.
Il collegamento con l’etica professionale
Con la creatività possiamo trovare soluzioni per noi, che ci permetteranno di trovare soluzioni per gli altri ed è proprio qui che la creatività si collega all’etica professionale.
La creatività è certamente un argomento molto complesso, e altrettanto certamente non sono io la persona più adatta a parlarne; quello che mi interessa è che questo video possa essere l’inizio di una serie di nuovi collegamenti neuronali che possano portarti a trovare nuove soluzioni.
Perché se c’è una cosa di cui sono convinto è che chi ha una competenza come la tua abbia il dovere di essere d’aiuto. E se la creatività ti aiuta a trovare soluzioni migliori, svilupparla è anche una questione di etica professionale.
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